Un rapporto Istat di qualche anno fa evidenzia che più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni subisce atti di bullismo. Il bullismo si può definire come una forma di violenza verbale, fisica e psicologica ripetuta e nel tempo e perpetuata in modo intenzionale da una o più persone (i “bulli”) nei confronti di un’altra (la “vittima”), al fine di prevaricare e arrecare danno. Ne consegue un malessere psichico anche grave (sino al suicidio della vittima) che puo’ configurare un vero e proprio stato di malattia, oltre a danni fisici se i bulli picchiano. Si tratta di reati e talvolta il sistema giudiziario si muove per tutelare la vittima; nella mia esperienza, la condanna al risarcimento dei danni è molto più sentita dai genitori del bullo minorenne (che quindi sono civilmente responsabili di quanto fatto dal figlio) dell’ azione penale, sovente di scarso impatto: nel secondo caso, l’ atteggiamento è sovente iperprotettivo (i genitori sono frequentemente parte del problema, non della soluzione), per cui i comportamenti bullizzanti vengono liquidati come “ragazzate”, ma quando i genitori devono mettere mano al portafogli per risarcire il danno causato dal bulletto, la percezione cambia radicalmente.
Il bullismo e le sue conseguenze
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